Tristan da Cunha: il posto più sperduto al mondo parla italiano
- Giulia Morezzi
- 25 mar 2024
- Tempo di lettura: 4 min
37° 6' 44'' S e 12° 161' 56'' O
Queste le coordinate del luogo più remoto sulla Terra, Tristan da Cunha, un isolotto nel bel mezzo dell'Oceano Atlantico meridionale, dove piove 250 giorni l’anno e la cui fonte di alimentazione principale è rappresentata da patate e tuberi.
Un posto talmente sperduto che le uniche isole vicine si chiamano Inaccessible Island e Nightingale Island, poco più grandi di scogli in mezzo all'oceano, ovviamente disabitate. Più a sud, a 260 miglia nautiche di distanza si trova l'Isola di Gough, anch'essa pressoché disabitata e in caso per brevi periodi solo da personale scientifico.
Per il centro abitato più vicino bisogna navigare a vista per 2440 km in un tratto di oceano davvero insidioso fino all'Isola di Sant'Elena, che sperduta lo è per antonomasia, visto che ci hanno spedito Napoleone per il suo esilio finale.
Tristan da Cunha è un posto senza giornali, tv, aeroporti, porti, macchine, tribunali, stadi, alberghi e qualsiasi cosa vi venga in mente.
Per molti l'inferno, per alcuni il paradiso.
Per i suoi abitanti semplicemente casa.
E questa è la sua storia.
Il Posto più isolato del Pianeta è praticamente un isolotto rotondo di 10 chilometri quadri, dominato da un vulcano e circondato da migliaia di miglia di oceano in ogni direzione.
Fu scoperto nel 1500 dall’ammiraglio portoghese Tristao da Cunha che la battezzò col suo nome e nei secoli successivi fu utilizzata dai marinai come scalo e fonte di acqua durante le traversate Atlantiche.
Nel diciannovesimo secolo vi si insediarono i primi abitanti stabili: tre naufraghi mezzi morti portati lì dalla corrente. Evidentemente, i tre sull'isola non solo trovarono salvezza, ma anche benessere, perché qualche tempo dopo, quando una baleniera di passaggio sbarcò sull’isola per fare acqua, nessuno dei tre naufraghi volle essere “salvato”, ma tutti preferirono restare lì, cambiando ufficialmente il loro status da “naufraghi” a “primi abitanti dell’isola”. Nel tempo, poi, ai primi naufraghi ne seguirono altri provenienti dall'Isola di Sant'Elena e così, per sicurezza, tanto per chiarire come stavano le cose, uno di quei primi tre abitanti, Jonathan Lambert, il 27 Dicembre 1810 si autoproclamò proprietario dell’isola!
Quando, nel 1892, il brigantino Italia fece naufragio da quelle parti, gli unici due superstiti, Gaetano Lavarello e Andrea Repetto, trovarono ad accoglierli una comunità di una cinquantina di residenti, ai quali essi si unirono con entusiasmo.
Durante la seconda guerra mondiale, l’Alto Comando Britannico riconobbe un imprescindibile valore strategico all’isola e vi inviò dei soldati a presidiarla. All’epoca gli abitanti dell’isola erano ormai circa duecento, ricevevano rifornimenti dalla terraferma circa una volta ogni due mesi e la forma di commercio era il baratto. Sembra, infatti, che una copia del Tristan Times, il giornale locale stampato con un ciclostile da tale Alan Crowford (che poi diventerà una spece di leggenda per i filatelisti) avesse un prezzo fissato in tre sigarette, o in alternativa quattro grandi patate.
Finita la guerra, i soldati andarono via, lasciando però in eredità agli abitanti dell’isola rudimenti sul sistema monetario ed un ospedale da campo che rappresentava la prima struttura sanitaria stabile dell’isola.
Le gioie del libero mercato, oltre agli agi garantiti dall’ospedale, portarono ad un incremento demografico, tanto che nel 1963 i residenti stabili erano 248.
Quell’anno si registrò un’intensa attività tellurica e vulcanica sull’isola, tanto che il governo inglese si premurò di evacuare gli abitanti e trasferirli in salvo a Londra, nel cuore pulsante dell’Europa e della civiltà occidentale.
Conclusa l’eruzione e verificata dalla Royal Navy la fine dell’attività tellurica e la sicurezza dell’isola, alla popolazione fu chiesto di esprimersi circa il ritorno in patria.
A tale scopo fu organizzato un referendum, che aveva più mire propagandistiche volte a dimostrare al mondo come dei bifolchi, abituati a vivere in un’isola sperduta in modo pseudocomunista, dopo quasi un anno a Londra sarebbero stati immediatamente e convitamente convertiti al più sfrenato e agiato capitalismo.
E invece, sorpresa! Dei 153 votanti, ben 148 si espressero per l’immediato rientro sull’isola, alla loro pioggia e alle loro patate, ma soprattutto a casa loro, perché se Tristan da Cunha per tutto il resto del mondo è solo il posto più sperduto sulla Terra, per loro è semplicemente casa.
Ad oggi sull'isola si contano 294 abitanti, prevalentemente divisi in 9 gruppi familiari, due dei quali portano ancora i cognomi Repetto e Lavarello, diretti discendenti dei due naufraghi di Camogli. L'isola è collegata con il mondo con 12 navi all’anno (circa una al mese), non esiste la proprietà privata, il commercio conosce ancora la forma del baratto e tutto ciò che c'è è un ospedale costruito sullo scheletro di quello da campo della seconda guerra mondiale, una scuola e l'Albatros pub. Sull'isola continua a piovere due giorni su tre e a volte pure il terzo, si mangiano ancora patate, anche se è stato introdotto l’allevamento e una fiorente attività di pesca all’aragosta.
Sul sito ufficiale di Tristan da Cunha, gli abitanti si descrivono come molto ospitali, ma evidentemente per essere sicuri di proteggere il loro isolamento pare che ottenere un visto turistico sia piuttosto complicato e farsi rilasciare un permesso per un trasferimento definitivo sia praticamente impossibile.
Forse, ancora oggi, o ancora più oggi, il modo migliore per stabilirsi a Tristan da Cunha resta il naufragio!




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